#1
Salvini e i nazisti
Mi fermo all’edicola del paese per fare acquisti. Poco più
in là, un giovane di colore espone sul marciapiede manufatti di legno creati da
lui.
è bravo,
penso, e almeno non elemosina.
Un signore anziano, che staziona spesso a lungo davanti
all’edicola scambiando chiacchiere con l’edicolante, sembra pensarla
diversamente. Senza fare riferimenti diretti, guardando altrove, dice:
– Eh, lo so io cosa ci vorrebbe qui... Ci vorrebbe zio
Adolf...
Zio Adolf? Capisco e lo guardo con aria di commiserazione.
#2
Femminismo
Durante la solita passeggiata sotto casa con il cane,
incrocio una donna di mezza età, un poco sovrappeso, leggermente incanutita,
che parla animatamente al cellulare.
– Non è stato educato, te l’ho detto, mamma. Cioè, ha
ricevuto solo l’educazione da sua madre, non da un’altra donna. Un’educazione
famigliare. Ma se è così, è perché gli è mancata quella esterna, l’educazione di
una donna.
Ecco una donna da cui mi terrei bene alla larga, penso.
#3
Legittima difesa (putativa)
18 gennaio 1977: il calciatore della Lazio, Luciano Re
Cecconi, entra con il compagno di squadra Ghedin e un altro amico in una
gioielleria. Col bavero alzato e le mani in tasca, per fare uno scherzo, grida:
“Fermi tutti, questa è una rapina!”. L’orefice estrae una pistola, Ghedin fa in
tempo a tirare fuori le mani dalle tasche, Re Cecconi no. L’orefice spara e lo
uccide sul colpo. Forse Salvini era troppo piccolo, allora, per ricordarsene
oggi.
#5
15 dicembre 1974: Napoli-Juventus
Quando ero un ragazzino le partite di calcio si ascoltavano
alla radio, la domenica pomeriggio soltanto. La nostra radio era un apparecchio
a transistor che riproduceva la voce a bassa fedeltà delle onde medie.
L’ascoltavamo, io e mio padre, seduti attorno a un tavolo, grattando con le
dita il tessuto della tovaglia che vi era stesa sopra, quando il risultato ci
innervosiva. E quella domenica di dicembre del 1974 i nostri nervi erano tesi,
perché si giocava Napoli-Juventus. E mio padre tifava Napoli, la sua città, e
io tifavo Juventus, anche se ero nato a Roma. In quel campionato le nostre due
squadre si giocarono lo scudetto, testa a testa in alcune giornate, fino all’ultimo.
Mio padre era convinto che il Napoli avrebbe battuto la
Juventus, perché aveva dalla sua il caloroso tifo del San Paolo. Invece segnò
per prima la Juventus, con Altafini. Esultai, c’erano ancora tanti minuti di
gioco per rimontare, dissi a mio padre. Ma poi, ecco un rigore per la Juventus:
2-0. E poi, prima del fischio, un altro goal: 3-0. Il ragazzino che ero non
poteva essere più felice per il trionfo della sua squadra. Io però mi
vergognavo di esserlo, perché avevo di fronte mio padre con la faccia degli
sconfitti. Le notizie che arrivavano dagli altri campi dicevano che quasi tutti
gli incontri si erano chiusi sullo 0-0 alla fine del primo tempo, e questo
aggiungeva amarezza alla sonora sconfitta che la squadra di mio padre stava
subendo. L’incontro riprese e non passò molto che la Juventus segnò un altro
goal. Questo forse diede la sveglia ai giocatori del Napoli, che riuscirono a
infilare il pallone alle spalle di Zoff: 4-1. La partita sarebbe anche potuta finire
lì, concludersi in anticipo per risparmiare fatica ai giocatori. Ovviamente si giocò fino
al novantesimo. Così, arrivò ancora un altro goal della Juventus, a cui fece
seguito il riscatto del centravanti del Napoli, Clerici, con una doppietta:
5-2. A sei minuti dal termine, impietoso Viola violò ancora una volta il povero
Carmignani, il portiere del Napoli: 6-2. Ormai non mi riusciva più di esultare,
accoglievo ogni nuovo goal della mia squadra come un evento non previsto, e non
voluto. A me sarebbe bastata una vittoria per 1-0, oppure no, un pareggio. Un
classico 1-1 o un più divertente 2-2 o, meglio, 3-3, quelle partite in cui le
squadre si rincorrono come due ragazze che giocano, finendo per non farsi del
male. Invece era andata come era andata, e al fischio finale non riuscivo a
trovare le parole per commentare. Restai muto, come il pubblico del San Paolo,
composto in gran parte da tifosi del Napoli.
Alla fine quel campionato lo vinse la Juventus, ma con soli
due punti di vantaggio sul Napoli, che sperò fino all’ultima giornata nella
eventualità di uno spareggio.
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