mercoledì 10 aprile 2019

Frammenti di discorsi



#1
Salvini e i nazisti
Mi fermo all’edicola del paese per fare acquisti. Poco più in là, un giovane di colore espone sul marciapiede manufatti di legno creati da lui.
è bravo, penso, e almeno non elemosina.
Un signore anziano, che staziona spesso a lungo davanti all’edicola scambiando chiacchiere con l’edicolante, sembra pensarla diversamente. Senza fare riferimenti diretti, guardando altrove, dice:
– Eh, lo so io cosa ci vorrebbe qui... Ci vorrebbe zio Adolf...
Zio Adolf? Capisco e lo guardo con aria di commiserazione.

#2
Femminismo
Durante la solita passeggiata sotto casa con il cane, incrocio una donna di mezza età, un poco sovrappeso, leggermente incanutita, che parla animatamente al cellulare.
– Non è stato educato, te l’ho detto, mamma. Cioè, ha ricevuto solo l’educazione da sua madre, non da un’altra donna. Un’educazione famigliare. Ma se è così, è perché gli è mancata quella esterna, l’educazione di una donna.
Ecco una donna da cui mi terrei bene alla larga, penso.

#3
Legittima difesa (putativa)
18 gennaio 1977: il calciatore della Lazio, Luciano Re Cecconi, entra con il compagno di squadra Ghedin e un altro amico in una gioielleria. Col bavero alzato e le mani in tasca, per fare uno scherzo, grida: “Fermi tutti, questa è una rapina!”. L’orefice estrae una pistola, Ghedin fa in tempo a tirare fuori le mani dalle tasche, Re Cecconi no. L’orefice spara e lo uccide sul colpo. Forse Salvini era troppo piccolo, allora, per ricordarsene oggi.



#5

15 dicembre 1974: Napoli-Juventus
Quando ero un ragazzino le partite di calcio si ascoltavano alla radio, la domenica pomeriggio soltanto. La nostra radio era un apparecchio a transistor che riproduceva la voce a bassa fedeltà delle onde medie. L’ascoltavamo, io e mio padre, seduti attorno a un tavolo, grattando con le dita il tessuto della tovaglia che vi era stesa sopra, quando il risultato ci innervosiva. E quella domenica di dicembre del 1974 i nostri nervi erano tesi, perché si giocava Napoli-Juventus. E mio padre tifava Napoli, la sua città, e io tifavo Juventus, anche se ero nato a Roma. In quel campionato le nostre due squadre si giocarono lo scudetto, testa a testa in alcune giornate, fino all’ultimo.
Mio padre era convinto che il Napoli avrebbe battuto la Juventus, perché aveva dalla sua il caloroso tifo del San Paolo. Invece segnò per prima la Juventus, con Altafini. Esultai, c’erano ancora tanti minuti di gioco per rimontare, dissi a mio padre. Ma poi, ecco un rigore per la Juventus: 2-0. E poi, prima del fischio, un altro goal: 3-0. Il ragazzino che ero non poteva essere più felice per il trionfo della sua squadra. Io però mi vergognavo di esserlo, perché avevo di fronte mio padre con la faccia degli sconfitti. Le notizie che arrivavano dagli altri campi dicevano che quasi tutti gli incontri si erano chiusi sullo 0-0 alla fine del primo tempo, e questo aggiungeva amarezza alla sonora sconfitta che la squadra di mio padre stava subendo. L’incontro riprese e non passò molto che la Juventus segnò un altro goal. Questo forse diede la sveglia ai giocatori del Napoli, che riuscirono a infilare il pallone alle spalle di Zoff: 4-1. La partita sarebbe anche potuta finire lì, concludersi in anticipo per risparmiare fatica ai giocatori. Ovviamente si giocò fino al novantesimo. Così, arrivò ancora un altro goal della Juventus, a cui fece seguito il riscatto del centravanti del Napoli, Clerici, con una doppietta: 5-2. A sei minuti dal termine, impietoso Viola violò ancora una volta il povero Carmignani, il portiere del Napoli: 6-2. Ormai non mi riusciva più di esultare, accoglievo ogni nuovo goal della mia squadra come un evento non previsto, e non voluto. A me sarebbe bastata una vittoria per 1-0, oppure no, un pareggio. Un classico 1-1 o un più divertente 2-2 o, meglio, 3-3, quelle partite in cui le squadre si rincorrono come due ragazze che giocano, finendo per non farsi del male. Invece era andata come era andata, e al fischio finale non riuscivo a trovare le parole per commentare. Restai muto, come il pubblico del San Paolo, composto in gran parte da tifosi del Napoli.
Alla fine quel campionato lo vinse la Juventus, ma con soli due punti di vantaggio sul Napoli, che sperò fino all’ultima giornata nella eventualità di uno spareggio.
 

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