sabato 6 aprile 2019

Nuova Europa

 

     C’era un tempo in cui poveri disgraziati in fuga dalla violenza fisica e dalla miseria salivano su imbarcazioni fatiscenti, stipati come polli in batteria, riponendo le loro anime nelle mani degli dei del mare.

A volte gli dei erano benevoli (ma non sempre) e li accompagnavano dolcemente fino alle coste, rimettendoli al volere degli dei della terra. Generalmente, i ministri degli interni.

Alla fine anche questi dei si dimostravano sufficientemente generosi, non senza prima aver mostrato la faccia cattiva. I poveri disgraziati potevano scendere e toccare con i piedi il sacro suolo europeo a lungo agognato.

Questa cosa andò avanti per un bel pezzo, provocando una netta divisione fra chi avrebbe voluto respingere o quanto meno non accogliere i poveri disgraziati (sia perché poveri, sia perché disgraziati, e fra le loro disgrazie c’era quella di avere la pelle molto più scura della nostra), e coloro i quali consideravano questo atteggiamento inumano, schierandosi per la soluzione evangelica delle porte aperte a tutti. 


Pareva una di quelle situazioni in cui nessuno, da ambo le parti, ha interesse a veder finire l’andirivieni di motoscafi e barconi, navi delle Ong, motovedette: i difensori della linea dura, infatti, traevano da ogni arrivo di profughi nuova linfa elettorale, rastrellando i voti di chi quei poveri disgraziati dalla pelle nera proprio non sopportava di vedere in giro per le strade della propria città. D’altra parte, i fautori dell’accoglienza non si lasciavano scappare occasione per additare i loro avversari come razzisti, fascisti, disumani, egoisti, cercando con ciò di accaparrarsi i voti dei più sensibili alle disgrazie altrui.


Poi, un bel giorno fu deciso che questo surreale gioco dovesse avere termine.

Poiché il gioco aveva inizio in Libia (anche se il cammino dei profughi cominciava da molto più lontano), come prima mossa fu occupata militarmente la costa mediterranea della Libia. Può sembrare una soluzione ardita o dal sapore coloniale d’altri tempi, ma fu possibile con il consenso e l’impegno di tutti i paesi europei e anche dell’Onu, sulla base del fatto che non si poteva lasciare in preda al caos un paese la cui capitale, Tripoli, dista appena 300 chilometri da Lampedusa, cioè dall’Italia, cioè dall’Europa. Questo costituiva infatti una minaccia per l’intero continente. C’erano poi le ragioni umanitarie, poiché era ormai acclarato che in Libia esistevano campi di detenzione dove i profughi venivano trattenuti con la forza, nonché seviziati e in alcuni casi uccisi.

Dunque, come in altri casi della Storia, bisognava intervenire.

Una volta normalizzata, con la forza delle armi, la situazione in Libia, potè iniziare a svilupparsi il grande progetto “Nuova Europa”. Un fiume di soldi attraversò il Mediterraneo, fondi provenienti dai paesi europei ma anche da Russia, Cina e Stati Uniti. Ovviamente, poiché nessuno fa niente per niente, tutti i pozzi petroliferi libici furono posti sotto il controllo dei paesi che partecipavano all’azione umanitaria, con licenza di sfruttamento.

L’idea che animava il progetto era che se quello che i migranti cercavano in Europa erano lavoro, civiltà, sicurezza, welfare, queste cose si sarebbero potute creare direttamente in Libia, facendo del paese una sorta di protettorato europeo. Il fine giustificava i mezzi.


In pochi anni, grazie agli ingenti fondi impiegati, una parte del territorio libico fu completamente trasformata: furono costruite case, strade, scuole, ospedali, fabbriche, uffici. Su quelle stesse coste desolate, anche se bellissime, dalle quali prima partivano i barconi e spadroneggiavano gli scafisti, ora sorgevano confortevoli resort e villaggi turistici.

Nel giro di una decina d’anni, il tenore di vita degli abitanti della “Nuova Europa” crebbe tanto da eguagliare quello di una regione del Meridione d’Italia. Al punto che, a un certo momento, si assistette a una inversione del fenomeno migratorio: erano i disoccupati di Calabria e Basilicata a imbarcarsi, regolarmente stavolta, per andare a cercare lavoro nella nuova terra promessa: la Libia.

Essendo la “Nuova Europa” un protettorato, poi, i suoi cittadini potevano imbarcarsi su navi regolari ed entrare legalmente in Italia, cioè in Europa, per turismo o per lavoro, in base a opportuni visti di ingresso.

Ora nessuno parlava più di profughi e di immigrazione o si permetteva di fare affermazioni razzistiche idiote. La ragione aveva finalmente prevalso sull’irrazionalità.

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